Una vittoria della dimensione europea del patrimonio culturale italiano.

Una vittoria del buon senso? Una vittoria della dimensione europea del patrimonio culturale italiano (specie in questa stagione di sovranismi)?


Probabilmente c’è tutto questo – e qualcuno vorrà rimarcare qualche revanche politica – nella sentenza del Consiglio di Stato che ha dato via libera definitiva alla nomina dei direttori stranieri nei musei statali italiani.

La Pinacoteca di Brera (Fotogramma)

Nel febbraio scorso il Tar del Lazio aveva accolto il ricorso presentato da Giovanna Paolozzi Maiorca Strozzi (ora Soprintendente a Parma) contro la nomina di Peter Assman, storico dell’arte e manager culturale austriaco, alla direzione di Palazzo Ducale di Mantova perché, così diceva l’atto, ci sarebbe stato «contrasto giurisprudenziale» sulla presenza di stranieri come dirigenti dell’amministrazione pubblica, rimandando così al Consiglio di Stato. Che ha cancellato ogni dubbio: nella sentenza depositata oggi, si sostiene che «la normativa dell’Unione Europea, articolo 45 del Trattato di Roma, non consente di escludere un cittadino dell’Unione europea da una selezione pubblica, a meno che non si tratti di una posizione caratterizzata dall’esercizio esclusivo o prevalente di poteri autoritativi, come magistrati, militari, forze di polizia».

La sentenza spiega che «il Decreto del presidente del Consiglio dei ministri n.174 del 1994 (che vieta in effetti di attribuire ai cittadini dell’Unione Europea qualunque posto dirigenziale, anche se di contenuto meramente gestionale) risulta in contrasto col il diritto dell’Unione Europea e non può quindi essere applicato dal Giudice nazionale». Dopo una serie di ricorsi e controricorsi, esce dunque del tutto confermata la riforma Franceschini, il cui impianto e metodo di selezione era stato confermato nella sua validità proprio dal Tar nella sentenza del febbraio scorso.

Sono sette i direttori stranieri (tra cui quelli di Brera, Capodimonte e Paestum) sui venti nominati tre anni fa dopo un concorso internazionale (LEGGI QUI). Sulla riforma dei musei, dotati di autonomia e sganciati dalla sovrintendenze, alle quali prima erano invece legati, Dario Franceschini aveva concentrato gran parte del suo mandato. «Dopo anni di ricorsi e sentenze si chiude definitivamente la vicenda dei direttori stranieri nei musei con il via libera di oggi del Consiglio di Stato. Grazie a tutti i direttori italiani e stranieri che ora potranno continuare il loro lavoro straordinario» ha commentato su Twitter l’ex ministro.

I venti superdirettori-manager, a cui nel febbraio 2017 se ne sono aggiunti altri dieci (nessun straniero, ma due sono italiani rientrati da esperienze professionali all’estero) hanno effettivamente avuto la possibilità di ripensare proposte, attività, allestimenti e comunicazione – anche grazie a una disponibilità di fondi e di personale prima assente (Ales, società "braccio armato" del Mibact, è passata da 300 a oltre 1.000 dipendenti, il 43% dei quali laureati mentre nel 2014 erano il 5%, come osserva "Il giornale dell’arte"). Una nuova politica di prezzi e le domeniche gratuite hanno garantito nuovi afflussi di denaro e di pubblico: non solo turisti, ma anche cittadini, che hanno fatto segnare un vero e proprio boom di visitatori. Ridurre la bontà di un politica museale ai soli numeri non è corretto, ma certamente sono un tesoro da cui partire e non sperperare.

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